66° Reggimento Fanteria Aeromobile Trieste

 
"Osando vinco"





Scudo:Inquartato in croce di S.Andrea. Nel primo di rosso a due sciabole d'argento in decusse - quella di destra a lama dritta - sormontate da un listello d'argento con la scritta "Custoza". Nel secondo d'azzurro a due spade manicate d'oro decussate e ridecussate con due rami di palma al naturale; il tutto sormontato da un giglio d'oro (Sondrio); Nel terzo d'oro al volo dell'aquila spiegato di nero, tenente nell'artiglio destro uno scudetto ovale di rosso alla croce d'argento, posto posto in banda, e, con il sinistro, uno scudetto pure ovale d'argento in sbarra, alla fascia dello stesso con il motto "LIBERTAS" di nero (Forlì). Nel quarto d'azzurro al silfio d'oro reciso di Cirenaica. Il tutto abbassato al capo d'oro.
Ornamenti esteriori: sullo scudo corona turrita d'oro, accompagnata sotto da nastri, annodati nella corona scendenti e svolazzanti in sbarra e in banda ai lati dello scudo. Nastro dai colori dell'Ordine Militare d'Italia accollato alla punta dello scudo e su lista bifida d'oro, svolazzante, con la concavità rivolta verso l'alto, il motto "Osando vinco



Il 66° Reggimento fanteria "TRIESTE" trae le sue origini dal 66° Reggimento fanteria costituitosi nel 1862 ed ha il suo battesimo del fuoco durante la Terza Guerrad'Indipendenza, nella battaglia di Custoza.
Partecipa alla 1^ Guerra Mondiale combattendo sul fronte Giulio, a Cima Tre Pozzi, in Val d'Assa e meritando, come tutta la fanteria italiana, la Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia.

Durante la 2^ Guerra Mondiale, inquadrato nella 101^ divisione "Trieste" partecipa alla campagna in Africa settentrionale, contendendo il terreno all'8^ armata da El Alamein alla Tunisia dove, durante la battaglia di Takrouna, il 1° Battaglione al comando del Capitano Mario Politi, si copre di gloria tenendo in scacco una divisione nemica per diversi giorni e cedendo soltanto dopo aver terminato le munizioni, meritando così la Medaglia d'Oro al Valore Militare.

Il 66° viene ricostituito in Forlì il 1° Ottobre 1975, come 66° battaglione meccanizzato "Valtellina", per ridenominazione del 2° battaglione del 40° reggimento fanteria "Bologna" ed è inquadrato nella Brigata Meccanizzata "Trieste" della Divisione Meccanizzata "Folgore".
Nel 1980 il battaglione interviene a favore delle popolazioni colpite dal terremoto in provincia di Salerno, meritando la Medaglia di Bronzo al Valore dell'Esercito e nel 1983 è impiegato in Libano con il contingente ITALCON.
Sciolta la Divisione Meccanizzata "Folgore" nel 1986, la "Trieste" si scioglie a sua volta nel 1991 e lascia il posto alla Brigata "Friuli" nella quale entra il 66°.
Impegnato con i paracadutisti nella prima edizione dell'Operazione "Vespri" nel 1992, l'anno successivo è cambia fisionomia organica, assumendo la denominazione di 66° Reggimento fanteria "Trieste". Da Agosto 1993 aMarzo 1994 partecipa all'Operazione "IBIS" in Somalia, dove il 6 febbraio 1994 cade a Balad, vittima di un'imboscata di banditi somali, il Tenente Giulio Ruzzi.
Negli anni a seguire il reggimento è spesso impegnato nei balcani calcando a più riprese il territorio albanese, bosniaco e kosovaro.Trasformato in reggimento di fanteria aeromobile nel corso del 2000 affronta un impagnativo ciclo addestrativo per validare la nuova configurazione.





Il 66° reggimento aeromobile ha sede a Forlì. Costituito su una compagnia comando, tre compagnie fucilieri, una compagnia mortai e una compagnia contro carri. Va distinta dalla fanteria eliportata perché eliportati possono essere tutti. Un soldato qualsiasi può essere eliportato ma ciò non significa che conosca le procedure, le tecniche e le predisposizioni per operare in simbiosi con il vettore aereo.


La peculiarità del reggimento è data dall'addestramento che viene svolto a stretto contatto con gli equipaggi di volo, con la conoscenza delle caratteristiche e possibilità degli aeromobili e con l'ausilio che la stessa unità di fanteria dà all'assetto aeromobile: l'organizzazione, la preparazione di landing zone, di pick-up zone, la guida degli aeromobili con procedure homing, l'impiego combinato del fuoco degli aeromobili con il fuoco dell'unità terrestre. Queste sono capacità che si acquisiscono con l'addestramento specifico, con la preparazione, con lo studio di nuove procedure che rendono questo reggimento oggi unico in Italia e lo portano a operare secondo quelli che sono stati gli intendimenti e le visioni della forza armata nell'ambito delle forze operative.
I soldati del reggimento svolgono un addestramento che si basa sulla preparazione fisica in considerazione del fatto che la specificità dell'impiego richiede sforzi brevi ma intensi. L'unità aeromobile, infatti, proprio per la rapidità con la quale viene impiegata ha la necessità di essere quanto più possibile leggera. L'azione viene pianificata e condotta con la massima rapidità e la posizione, una volta conquistata, viene ceduta a un'altra unità di fanteria con maggiori attitudini nei confronti di un impiego durevole nel tempo. Per questo, l'impiego del reggimento prevede una durata di 24 / 48 ore e, comunque, non oltre le 72 ore. La necessità di colpire velocemente e duro richiede processi mentali e decisioni veloci, a questo si aggiunge necessariamente una spiccata attitudine alla autonomia decisionale a tutti i livelli.

L'addestramento dei fanti del 66° comprende, oltre che una dura e costante preparazione atletica, anche conoscenze sulle procedure NBC, trasmissioni, topografia, pronto soccorso, riconoscimento di mezzi e armi, disattivazione delle mine e delle trappole esplosive, infine uno specifico addestramento al combattimento in ambiente sia diurno che notturno. Periodicamente, inoltre, alcuni periodi addestrativi sono svolti per la valutazione dei risultati raggiunti.


 
Il soldato del 66° diventa sistema d'arma e si integra con l'elicottero  cosa nuova per l'esercito italiano che con questa unità inizia questo suo cammino verso una nuova specializzazione alla quale crede lo stato maggiore dell'Esercito, gli ufficiali, i sottufficiali e gli stessi soldati del reggimento. Per diventare sistema d'arma integrato con l'elicottero il soldato non può essere un soldato qualunque ma deve essere selezionato, sia come base, sia come addestramento. Viene formato dalla Forza armata negli istituti di formazione, ma poi abbiamo la necessità di formarlo con addestramenti specifici, con l'acquisizione di mentalità specifica e quindi raggiungere la simbiosi tra l'uomo soldato e l'assetto aeromobile che al suo interno ha già i piloti che sono altri uomini e insieme devono fornire un pacchetto unico prontamente impiegabile per la risoluzione di problemi operativi di particolare rilievo e che prevedono un impiego mirato e un compito da assolvere in tempi brevi.
Alimentato con personale volontario, il reggimento è di stanza a Forlì.
La Bandiera di Guerra è decorata di un Ordine Militare d'Italia, una Medaglia d'Oro al Valor Militare ed una Medaglia di Bronzo al Valore dell'Esercito.


Ordine Militare d'Italia
Decreto 5 giugno 1920
Nei duri cimenti della guerra, nella tormentata trincea o nell'aspra battaglia, conobbe ogni limite di sacrificio e di ardimento; audace e tenace, domò infaticabilmente i luoghi e le fortune, consacrando con sangue fecondo la romana virtù dei figli d'Italia (1915 - 1918) (All'Arma di Fanteria).
Medaglia d'Oro al Valor Militare Decreto 7 dicembre 1951
Reggimento fortemente provato nella campagna in Africa Settentrionale, deciso a difendere fino all'estremo l'onore della Bandiera, opponeva all'avversario indomita resistenza, scrivendo nuove pagine di gloria nelle battaglie di Tunisia. Il primo battaglione, ridotto nei suoi effettivi, incaricato di tenere ad oltranza un caposaldo che rappresentava il cardine e il posto d'onore di tutta la posizione difensiva, attaccato da schiaccianti e sempre rinnovantesi forze, isolato e privo di rifornimenti, sosteneva per tre giorni l'impari lotta con accaniti corpo a corpo, tenendo in iscacco il soverchiante avversario e destandone l'ammirazione. Caduto il caposaldo, pochi superstiti, con le ultime bombe a mano, continuavano la disperata resistenza, fedeli all'impegno di non cedere le armi (Mareth, Akarit, Enfidaville, Takrouna (Africa Settentrionale), 5 marzo - 12 maggio 1943).
Medaglia d'Oro al Valore dell'Esercito Decreto 30 aprile 2010
Nel teatro operativo afgano, particolarmente complesso e fortemente condizionato da situazioni ambientali e di sicurezza estremamente difficili, il personale dell’unità ha dimostrato di possedere elevata preparazione professionale, grandissima fiducia nei propri mezzi, forte determinazione e chiarissima visione e condivisione degli obiettivi da conseguire. L’unità ha così portato a termine missioni complesse, condotte in aree remote dello scenario fortemente caratterizzate dalla presenza di insorti; proprio in occasione di tali missioni e dei numerosi scontri a fuoco, il reggimento dava testimonianza di essere formato da soldati animati da elevato spirito di corpo, eccelse virtù militari ed indomito coraggio, capaci di conseguire sempre gli obiettivi assegnati. Splendido reparto che, con il suo operato, ha garantito la sicurezza nell’intera area e consolidato l’immagine dell’Esercito Italiano in un contesto spiccatamente interforze ed internazionale. Herat (Afghanistan), 24 aprile – 14 ottobre 2008.
Medaglia d'Argento al Valore dell'Esercito Decreto 28 settembre 2007
Reggimento di Fanteria Aeromobile della Brigata “Friuli”, fiero interprete delle secolari tradizioni della fanteria, partecipava all’operazione “Antica Babilonia 5” in Iraq.
Impiegato in una terra caratterizzata da persistenti conflittualità ed oggettive difficoltà ambientali, forniva un fondamentale contributo operativo e logistico all’Italian Joint Task Force per portare a compimento la missione assegnata.
Con disinteressati sentimenti di dedizione ed entusiasmo, sostenuti da ideali altissimi di umana fratellanza, conduceva un complesso di attività operative e di sostegno umanitario alla popolazione, che venivano portate a termine con efficacia e determinazione nonostante i ripetuti e violenti attacchi a fuoco.
Impegnato nelle attività di formazione del 604° Battaglione dell’Iraqi National Guard, profondeva, con ineguagliabile abnegazione e determinata partecipazione, ogni risorsa alla preparazione ed all’addestramento dell’unità del nuovo Esercito Iracheno, al fine di aiutare il Paese a dotarsi di efficaci istituzioni in grado di garantire la completa sicurezza e stabilità del territorio.
La preparazione professionale dei suoi uomini è altresì emersa anche nell’ambito delle numerose, continue e pericolose attività operative svolte congiuntamente all’Iraqi National Guard ed all’Iraqi Police Service, in occasione delle quali, nonostante ripetute azioni di fuoco perpetrate da bande criminali e da gruppi di miliziani ostili alla coalizione, il personale italiano contrastava con abilità, determinazione e coraggio gli attacchi, riuscendo a sequestrare ingenti quantitativi di armi, munizioni e materiali sottratti abusivamente e ad assicurare alle autorità governative numerosi pericolosi criminali e miliziani.
In particolare, tra la notte del 7 e dell’8 settembre 2004, ad An Nasiriyah, sul ponte denominato convenzionalmente “Tampa”, la pattuglia del Reggimento che assicurava il dispositivo veniva fatto oggetto di tiro mirato da parte di miliziani ostili alle forze. L’attacco a questa postazione di vitale importanza, perpetrato per molte ore da più direzioni sottoponeva l’unità a un’intensa pressione.
Solo l’intervento determinato, coraggioso e spregiudicato degli assetti operativi del Reggimento, sopraggiunti in soccorso alla pattuglia, ristabiliva un clima di sicurezza e stabilità, consentendo all’unità di continuare l’attività di controllo dell’importante infrastruttura.
Reggimento di Fanteria Aeromobile coeso, motivato ed animato da indiscusso altruismo, ha confermato, nell’arco dell’intera missione, qualificata preparazione professionale, coraggio, saldezza morale e straordinarie virtù militari, elevando il prestigio della Forza Armata e del Paese in ambito internazionale. An Nasiriyah (Iraq), 7 - 8 settembre 2004.
Medaglia di Bronzo al Valore dell'Esercito Decreto 11 dicembre 1981
Sostituiva altra unità estremamente provata nelle località danneggiate dal sisma del 23 novembre 1980 con un complesso di quattrocento uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa intervenendo nei comuni di Laviano- Santomenna - Colliano - Valva - Castelnuovo di Conza - Contursi, considerati fra i più disastrati della provincia di Salerno. Con la generosità propria dei soldati di leva, operava incessantemente dal 30 novembre al 20 dicembre 1980, rinunciando anche ai turni di riposo per provvedere al recupero e alla pietosa inumazione di otre trecento salme, allestire tendopoli, somministrare pasti caldi giornalieri ai superstiti, contribuendo, con calore umano a dare fiducia e serenità ai terremotati. Dopo venti giorni di ininterrotta immane fatica svolta in condizioni meteorologiche particolarmente avverse, senza che alcun militare manifestasse il minimo cenno di cedimento, veniva avvicendato, lasciando negli abitanti nei Comuni ove aveva operato profondi sentimenti di riconoscenza, di stima e di affetto. Chiara espressione di virtù militari e civili, di coraggioso altruismo, di umana solidarietà (Alta Valle del Sele, 30 novembre - 20 dicembre 1980).


La festa del reggimento cade il 22 aprile, anniversario della battaglia di Takrouna (1943).



da Bala Murghab (Afghanistan) 2008
“I proiettili sollevavano sbuffi di sabbia conficcandosi davanti ai mezzi. Ci tiravano razzi Rpg da tutte le parti. Anche la base era sotto attacco. Non dimenticherò mai le fiammate delle esplosioni all’interno del fortino, dove la mia compagnia rispondeva al fuoco”. Il primo caporalmaggiore Pasquale Campopiano, 27 anni, di Caserta, descrive così l’ultima battaglia dei soldati italiani in Afghanistan.

 Tre giorni d’inferno, il 5, 6 e 7 agosto, quando i talebani volevano spazzare via l’avamposto di Bala Murghab. Una novantina di fucilieri della Brigata Friuli hanno tenuto, con le unghie e con i denti, le quattro mura sbrecciate di un ex cotonificio nella remota provincia di Badghis.

Il 6 agosto una colonna di rifornimento americana finisce in un’imboscata a meno di 1 chilometro dall’avamposto. La squadra di Campopiano esce a bordo dei blindati Lince per portare soccorso, ma i talebani li bersagliano annidati fra le case. I soldati italiani sono costretti a ripiegare nella base, che nel frattempo viene attaccata. Il caporale sbuca dal tetto del mezzo. «Mi sono attaccato alla mitragliatrice Browning e ho sparato 20 colpi. Poi l’arma si è inceppata per colpa della maledetta sabbia di queste parti» racconta il sottufficiale di Caserta. «È stato il mio battesimo del fuoco».

Se c’è un’Italia che per portare la pace deve fare la guerra, è proprio qui. La Terza compagnia Aquile del 66º reggimento aeromobile Trieste è arrivata a Bala Murghab il 4 agosto. Lungo una pista impossibile fra le montagne di sabbia che rendono lunare questa fetta di Afghanistan. L’ultima trincea degli italiani è un rudere di fronte al paese. Un vecchio avamposto in mezzo a una verde radura solcata da un fiume. Negli anni Ottanta ci aveva provato l’Armata rossa a presidiarlo. La leggenda vuole che i mujaheddin tagliarono la gola a tutti i soldati russi del fortino, quando le truppe sovietiche si ritirarono.
A Bala Murghab siamo arrivati con uno sbarco dal cielo scendendo di corsa dal ventre di un Ch47 italiano. Nel polverone sollevato dalle pale dell’elicottero i fucilieri della Friuli scaricano il più in fretta possibile rifornimenti e munizioni. Gli elicotteri d’attacco Mangusta sfrecciano minacciosamente, a bassa quota, per garantire protezione.

Il generale Francesco Arena, basco azzurro e baffo grigio, controlla l’elisbarco circondato dalla scorta con il dito sul grilletto. Comandante del fronte occidentale della Nato in Afghanistan, è venuto in prima linea con i suoi ragazzi. I talebani, come hanno già fatto con un elicottero di trasporto per l’avamposto, possono sparare da un momento all’altro. Sembra la scena di un film sul Vietnam, ma è tutto vero.


Il capitano Massimiliano Spucches, 30 anni, di Bari, è l’interprete perfetto di questo film. Occhi limpidi, capelli a spazzola, impolverato, non molla mai la cuffia e l’auricolare della radio che lo tengono in contatto con i suoi uomini. «Sono stati veramente giorni di fuoco» spiega il comandante della compagnia. «Con questa missione i miei ragazzi sono diventati soldati».

Il 5 agosto scattano i primi attacchi. «Abbiamo sentito il fischio e una manciata di secondi dopo una fortissima esplosione. Il razzo aveva sfondato il muro esterno aprendo un buco» racconta Spucches. Fino all’8 agosto i talebani colpiscono ripetutamente, anche tre volte al giorno. Si nascondono nel villaggio a poche centinaia di metri dal fortino. Utilizzano i canali di irrigazione come trincee e camminamenti per cambiare posizione.


La Compagnia Aquile è inchiodata, ma non molla. «Ero di guardia al lato nord quando è esploso il primo razzo Rpg dentro il forte» racconta Giovanni Scaramuzza. «Ho aperto la portiera del blindato per salire e cercare riparo, quando ho sentito il sibilo. Un proiettile di kalashnikov mi ha sfiorato l’orecchio sinistro e si è infranto sul finestrino del mezzo». Da quel giorno il sottufficiale trentenne, di origini calabrese, è stato ribattezzato ‘o Miracolato. Barba incolta, occhiaie, faccia spaccata al sole, è da un mese in prima linea.

Altri non si lavano da giorni e hanno il segno degli occhialoni antipolvere impressi sul volto incrostato dalla sabbia. Le mimetiche da combattimento sono marrone per la sabbia. Non le lavano per scaramanzia. Nel fortino i soldati italiani vivono all’aperto, su brande da campo. Di giorno il sole ti spacca il cervello sotto l’elmetto e di notte l’umidità del fiume penetra nelle ossa. I ragazzi della Compagnia Aquile mangiano razioni da combattimento, ma da buoni italiani sono riusciti a farsi portare un po’ di caffè e di pasta dalle retrovie. Anche fra le bombe un piatto di spaghetti alla buona non manca mai. A tal punto che hanno inaugurato un angolo del fortino come “ristorante Katyusha”. In ricordo degli svariati missili da 107 millimetri che i talebani hanno lanciato sulla base.

Tutti raccontano con orgoglio la missione più dura della loro vita, fra paure, tensioni e piccoli atti di valore. «Avevo appena piazzato i mortai e ordinato il pronti al fuoco,quando è arrivato un katyusha e ci siamo buttati a terra» racconta il tenente Alfredo Perna, 25 anni. Con spiccato accento toscano descrive i momenti drammatici del 6 agosto, quando i talebani tartassano il campo da una casa poco distante, oltre il fiume. I soldati italiani devono fermarli, ma non vogliono colpire l’abitazione perché dentro possono esserci civili. «Via radio ho ricevuto l’ordine di lanciare corto dei colpi di avvertimento» racconta Perna. «Quando ho infilato la prima bomba nel tubo del mortaio mi sono detto: speriamo bene. Dopo la scarica del fuoco di sbarramento i talebani sospendono l’attacco».
I soldati della Nato non avevano mai messo piede da queste parti. I talebani raccontano alla popolazione che stanno tornando i russi. I fondamentalisti in armi hanno nella zona rifugi sicuri e arsenali.
«Erano le 4 e un quarto di pomeriggio, quando l’esplosione ci ha sorpreso buttandoci a terra. Non sentivamo più nulla. Dentro l’ambulanza si era alzato un polverone di sabbia. Ci siamo toccati l’uno con l’altro e Domenico mi chiedeva: sei vivo, sei vivo?». Narciso Fiorillo, 22 anni, viene da Benevento. Occhi azzurri e faccia da sbarbatello, si tiene in tasca la scheggia di un razzo Rpg che avrebbe potuto ucciderlo. Il 6 agosto, assieme a Domenico Vitale, della provincia di Lecce, ha appena finito di allestire un’area della base per assistere i feriti. I due sono inseparabili e fanno i paramedici in prima linea. Per fortuna si trovano a bordo dell’ambulanza blindata quando il razzo si infila nel muro a pochi centimetri dal mezzo. Le schegge riducono a un groviera il portellone posteriore dell’ambulanza,che si solleva come un grissino.

Assieme al tenente medico, Achille Balenzano, 27 anni, salvano la pelle a tre poliziotti e due civili afghani stabilizzando le loro ferite durante la battaglia. «Un agente era agonizzante: un proiettile gli è entrato e uscito dalla testa e un altro gli aveva perforato un polmone» racconta il medico originario di Bari. Gli afghani non si lamentano mai. Al massimo sussurrano «dar», che vuol dire fa male in pashtu. L’operazione Khora, per la conquista di Bala Murghab, è costata 5 morti e decine di feriti. Nei combattimenti sono stati uccisi due consiglieri militari americani dell’esercito di Kabul e tre soldati afghani.

Quando il convoglio di rifornimenti Usa finisce in un’imboscata, a un passo dal fortino, viene saccheggiato. Un caccia F15 filma la scena dei camion in fiamme rimbalzandola al comando della Compagnia Aquile asserragliato nella base. Sul primo momento si pensa di bombardare i mezzi per sottrarli ai talebani. Ma il rischio di provocare vittime tra i civili, che stanno depredando il carico, è troppo alto.
Gli attacchi vanno avanti fino al 12 agosto. Poi gli italiani riescono a incontrare gli anziani del villaggio. La promessa è di costruire un ponte e una strada. «Abbiamo cominciato a comprare meloni e tappeti per far girare un po’ di soldi» spiega il capitano Spucches. «Il nostro personale sanitario ha aperto un ambulatorio volante visitando una cinquantina di persone, soprattutto bambini». Adesso gli attacchi stanno riprendendo contro la compagnia spagnola, che ha dato il cambio ai soldati italiani nella sperduta provincia afghana di Badghis.
Gli angeli custodi del contingente italiano sono gli elicotteri Mangusta, che terrorizzano i talebani grazie alla loro potenza di fuoco. Il capitano Cristiano Comand ha 41 anni e viene da Teor, una cittadina in provincia di Udine. Sembra a suo agio nella tuta di volo color sabbia sull’assolata pista di Qal i Naw, il capoluogo della provincia di Badghis. Quando non pilota i Mangusta in Afghanistan fa il vicesindaco di Teor, per una lista civica di centrodestra.

«Ci hanno sparato un razzo Rpg nel sedere. L’abbiamo scampata per un soffio, ma si può morire anche in autostrada in Italia» sottolinea con un sorriso beffardo Comand. Il suo nome in codice è Fatima e il 9 luglio avrà acceso un cero alla Madonna, dopo il ferimento di due fucilieri dell’aria a 5 chilometri dal quartier generale italiano di Herat. «Avevano attaccato una nostra pattuglia a Shewashan» racconta il pilota del 5º reggimento Rigel. «Sento in cuffia “contatto a ore 6, Rpg” e viro di scatto a destra per 90 gradi. Ci hanno lanciato un razzo in coda e i piloti dell’altro Mangusta se lo sono visto passare davanti agli occhi.
Pochi metri e ci avrebbero abbattuto».

Non è finita. I talebani sparano due raffiche con decine di colpi. Il capitano Comand vede i traccianti fendere l’aria attorno ai Mangusta. Cinque proiettili centrano un elicottero spagnolo, che evacua i soldati italiani feriti. Il tenente Gabriele Rame ha un arto spappolato, con la carne che penzola. «Quando gli ho messo una mano sulla spalla ancora in barella mi ha detto: “Generale non vorrei sporcarla con il mio sangue”» racconta Arena, il comandante del contingente italiano.

Nell’Afghanistan occidentale sono schierati 2.800 soldati della missione Isaf, voluta dalla Nato, per stabilizzare il paese. Spagnoli, sloveni, albanesi assieme con 1.421 soldati italiani. Numero esiguo per controllare le quattro province di Herat, Farah, Ghor e Badghis. Un fronte grande come il Nord Italia. A sud del campo di Herat c’è solo l’inferno di Farah, la provincia più pericolosa per gli italiani. Infestata da talebani e signori della droga, confina per 250 chilometri con l’Iran, che soffia sul fuoco dell’instabilità afghana.
Fuoco, fuoco, fuoco! Spari di mortai contro i talebani a Bala Murghab






CORPI MILITARI

Le forze armate italiane o più semplicemente, forze armate (abbreviato FF.AA.) sono l'insieme delle componenti militari dello Stato.Le forze armate italiane sono tre più un'Arma elevata al rango di Forza Armata. In ordine di anzianità sono:Esercito Italiano, componente prevalentemente terrestre,Marina Militare, componente prevalentemente navale,Aeronautica Militare, componente aerea,Arma dei Carabinieri, con compiti principalmente di polizia militare, che il decreto legislativo del 5 ottobre 2000 n. 297, ha "elevato al rango di Forza armata", rendendola autonoma nell'ambito del Ministero della difesa.Sono parte integrante delle forze armate:Guardia di Finanza, corpo armato terrestre, navale e aerea, inserito organicamente nell'ambito del Ministero dell'Economia e delle Finanze con compiti di polizia economico-finanziaria, polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e di concorso alla difesa militare dello Stato Italiano.Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana Corpo Militare dell'Esercito Italiano del Sovrano Militare Ordine di Malta Ordinariato militare.Il personale appartenente alle forze armate ed ai corpi armati dello Stato assume la denominazione di "militare".

MISSIONI

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Le Frecce Tricolore

Le Frecce Tricolori, il cui nome per esteso è Pattuglia Acrobatica Nazionale, costituente il 313º Gruppo Addestramento Acrobatico, sono la pattuglia acrobatica nazionale (PAN) dell'Aeronautica Militare Italiana, nate nel 1961 in seguito alla decisione dell'Aeronautica Militare di creare un gruppo permanente per l'addestramento all'acrobazia aerea collettiva dei suoi piloti.Con dieci aerei, di cui nove in formazione e uno solista, sono la pattuglia acrobatica più numerosa del mondo, ed il loro programma di volo, comprendente una ventina di acrobazie e della durata di circa mezz'ora, le ha rese tra le più famose.Dal 1982 utilizzano gli Aermacchi MB-339PAN, e la sede è l'aeroporto di Rivolto (UD).






La livrea degli MB-339PAN usati dal Gruppo è data dalla caratteristica banda tricolore che attraversa la fiancata dell'aereo su sfondo blu. L'addome dell'aeroplano è grigio chiaro mentre i numeri di formazione sono degli adesivi gialli. Ai classici Aermacchi MB-339 in forza all'Aeronautica Militare Italiana sono stati tolti i serbatoi delle estremità alari, in quanto essi penalizzerebbero le prestazioni acrobatiche dei velivoli. Serbatoi subalari vengono prontamente allestiti per i voli di trasferimento a lungo raggio.Il fumo colorato viene generato per dispersione, ed è composto da olio di vaselina a cui vengono aggiunti pigmenti non inquinanti. La fuoriuscita di tale composto avviene attraverso un tubicino posto nello scarico posteriore dell'aeroplano.